Ho visto poco fa che il mio ultimo post risale al 16 marzo. Sinceramente, quando è cominciato tutto questo (e mi riferisco alla quarantena forzata), ero più che certa che mi sarei ritrovata a pubblicare a raffica, perché mi chiedevo, ad esempio, che ne avrei fatto del mio tempo, come avrei investito intere giornate trascorse qui a casa, come avrei combattuto i momenti di noia che, prima o poi, mi avrebbero irrimediabilmente sopraffatta… e con queste, c’erano tante altre domande, più o meno simili, che mi giravano per la testa.
Poi, dalla teoria dei miei pensieri, mi sono ritrovata immersa nella pratica del quotidiano, e ancora una volta, ho dovuto constatare quanto grande sia lo spirito di adattamento dell’essere umano, perlomeno il mio.
Ho riorganizzato completamente le mie giornate e devo ammettere che, nonostante io NON esca di casa dal 12 di marzo, sto conducendo una vita che, a dispetto dello stato d’emergenza in cui ci troviamo e le limitazioni alla libertà personale che stiamo subendo, non è poi malaccio. Certo, sono anche fortunata, me ne rendo conto: vivo in una piccola città circondata dalla campagna, la mia casa è grande e ho una bella veranda su cui posso uscire a prendere aria e sole, ho tanti interessi e caratterialmente, sono una che non si perde d’animo.
Eppure, nonostante ciò, in certi momenti, mi sembra di galleggiare nell’aria. Vengo colta da attimi di sconforto, perché non vedo la fine di questa situazione e temo tanto il dopo, il ritorno alla “normalità” o “pseudo normalità”, e mi ritrovo con il viso rigato dalle lacrime. Spesso e volentieri, mi accade mentre sono sul tapis… e sinceramente, non ho ancora colto il nesso. Non ho capito se sia una coincidenza o meno.
Però, ecco, come dicevo, a dispetto di tutto, tengo botta. Direi che sto bene. A casa, mi sento protetta.
Lavoro da casa, faccio attività fisica tutti i giorni, cucino due volte al giorno, tengo in ordine, leggo, fotografo, guardo la tv, chatto con gli amici lontani e con la mia famiglia, mi fermo a contemplare la natura e nonostante lo stato di reclusione, cerco di prendere più che posso da (e di) questa primavera. Mi documento su tutto ciò che sta accadendo, ma lo faccio in modo più leggero, dosato e meno ossessivo.
Già, perché ad un certo punto, mi sono resa conto che dovevo proteggermi ed evitare una sovraesposizione alle tante, troppe informazioni.
I primi giorni, infatti, non sono stati facili… sentivo che l’ansia e la paura di ammalarmi mi erano entrate dentro come un germe che offuscava i miei pensieri e condizionava tutto quello che facevo. Come fosse un peso che mi portavo costantemente sulle spalle. Ma non solo la paura della malattia in sé… ma l’idea di finire in ospedale, nel caos più totale, esposta, tra l’altro, a tante altre malattie che troppo spesso si contraggono proprio lì, in quelli che, in realtà, dovrebbero essere gli ambienti protetti e asettici.
Guardavo TG a raffica e assorbivo come una spugna tutto il terrorismo psicologico che spargevano (e spargono) nell’aria, come fosse incenso. Poi, a mente un po’ più fredda e lucida ho realizzato che l’unico modo per mettere un freno all’uomo, è quello di mettergli davanti lo spettro della morte, che è la sua più grande paura. Solo così, riesci a “soggiogarlo”, a frenarlo e a legargli mani, piedi e anche pensiero.
Una volta realizzato questo, ho cominciato a vedere la cosa in modo diverso, con un po’ più di distacco. Ho cominciato a leggere e sentire pareri di scienziati e virologi differenti da quelli che stanno in TV tutte le settimane, a fare le star e a promuovere i loro libri. Che poi, mi chiedevo… ma per questi qui, le restrizioni non valgono?
E non parliamo di virologi che stanno in trincea… no, parliamo di virologi “da salotto”. Di quelli che salgono sul pulpito a dare dell’imbecille a questo o a quello (a colleghi, eh… mica a gente comune come noi) e che tentano, tra l’altro, di zittire a suon di denunce, chiunque offra pareri, punti di vista e proposte differenti.
Insomma, mi chiedevo… ma per questi, le restrizioni non valgono? Sono liberi di spostarsi come vogliono? Di andare in TV, farsi pettinare, truccare, stare a contatto con gli altri… insomma, possono agire da uomini liberi, nonostante continuino a ripeter agli altri di restare a casa? Una bella videochiamata tramite Skype, no?
Mah… io, per natura, diffido sempre da chi parla bene e razzola male. Anche perché, stando a quanto detto da “Sua Maestà la scienza in persona”, il rischio che il virus potesse arrivare in Italia era pari a zero… e invece, ecco come siamo messi.
Comunque, in sintesi, ho capito che questo virus è una bella merda, che è potenzialmente letale, che non ci sono regole e che può colpire ciascuno di noi in modo diverso, ma che con cautela, buonsenso e rispetto delle regole, si può riuscire a tenerlo fuori dalle nostre vite, senza assumere comportamenti ossessivi o paranoici. Che poi, inutile far finta di non vedere che se ci ritroviamo in questa situazione penosa, con un numero di decessi così elevato, è anche (e soprattutto) perché il sistema sanitario nazionale, nel corso degli anni, è stato smantellato e ridotto ai minimi termini. Privato di fondi, mezzi, strutture, risorse, eccetera eccetera eccetera. Naturalmente, è stato fatto a spese dei cittadini, perché mentre a noi tagliavano i servizi, allo stesso tempo, c’era chi si riempiva le tasche.
Ma ora, tralasciando discorsi in cui non ho voglia di addentrarmi, non credo affatto che questa situazione ci renderà delle persone migliori. O perlomeno, renderà migliori o diverse o più forti e consapevoli, quelle persone che già vivono nel rispetto di valori importanti. Quelle che già vivono con i sensi accesi: VEDENDO, ANNUSANDO, TOCCANDO, ASSAPORANDO e ASCOLTANDO. Quelli che vivono con senso critico e con rispetto per la LIBERTA’, e per il PROSSIMO.
Ma per tutti gli altri, vedo un peggioramento della deriva a cui stavamo già assistendo.
Frustrazione alle stelle, ditino pedagogico puntato verso chi la pensa diversamente, offesa dell’altro come stile di vita, come unico modo per comunicare il proprio punto di vista. Tutti professoroni, portatori di verità assolute e seduti in cattedra a fare la lezioncina di vita agli altri.
L’altro visto come nemico, come potenziale untore e giù con l’aggressione verbale, ad esempio, nei confronti di chi se ne va in assoluta solitudine a correre o in bici (magari in aperta campagna), senza avere il minimo contatto con gli altri o magari, nei confronti di chi porta il cane a fare la pipì o di quei genitori che fanno il giro dell’isolato mano nella mano, con i propri bambini.
Già, perché sono questi gli untori, la causa di tutti i nostri mali…
Perché è molto più facile trasferire le nostre paure sugli altri, guardare agli altri anziché a noi stressi, che magari, non andiamo a correre, ma a sgomitare al mercato, al supermercato o affini, sì. Come se, ad esempio, correre in solitaria, fosse più pericoloso e “infettivo” di andare a fare la spesa, a contatto con altre persone.
Ma certo, ci sono le regole (spesso ambigue e tutt’altro che chiare) e bisogna rispettarle.
È che ormai, non ragioniamo più. Non ci rendiamo nemmeno conto di quanto grave sia il momento che stiamo vivendo, che il non poter uscire di casa, è solo la punta dell’iceberg. Siamo arrivati al punto di trovare tollerabile tutto. Anzi, più ci limitano e ci tolgono libertà, meglio è. Quasi ne godiamo. Come se avessimo sempre bisogno di qualcuno che ci dica cosa e come fare, esattamente come si fa con i bambini.
Credo sia chiaro a tutti che l’unico modo per evitare il contagio sia mantenersi a distanza di sicurezza dai nostri simili, ma tutto il resto, a mio avviso, è una deriva assai pericolosa. Penso che tutti coloro che hanno dato la propria vita per la libertà e la democrazia, ora, si stiano rivoltando nella tomba.
La cosa che più mi fa incazzare è che l’incapacità di molti di vivere nel rispetto delle regole (io non esco di casa per senso civico, che ci creda o no è irrilevante), debba condizionare anche tutti gli altri, al punto da farci credere (io non lo credo, fortunatamente) che tutte le misure coercitive introdotte (o da introdursi), siano giuste e sacrosante.
Ecco, a me, ancora più del virus, è tutto lo scenario di contorno, che fa paura. Perché non ci vuole nulla a ritrovarsi spalle al muro, controllati e soggiogati. Schiavi della paura e di un indottrinamento di massa, che ci rende tutte pecorelle bianche e candide.
No, non è questo il mondo che voglio, non è la vita che voglio, non è il futuro che voglio. Io voglio continuare a vivere in un mondo libero e responsabile, dove ciascuno fa la propria parte, consapevole di quanto importante sia la LIBERTA’, intesa come valore assoluto e supremo della vita. Quella libertà che tiene conto delle parole di Martin Luther King: “La mia libertà finisce dove comincia la vostra.“ Certo, non è facile definire i confini, ma rispettare le regole, le leggi e il prossimo, già sarebbe un buon punto di partenza. E chi sbaglia, paga. Ma paga dopo, non prima. Ci sono già le leggi e le pene a fare da deterrente, non ci servono ulteriori strumenti di repressione preventiva.
E con questo, credo di essermi già dilungata parecchio… e forse, oggi, mi ci sono messa anche io un po’ in cattedra, ma giuro, senza intenzione di voler insegnare qualcosa a qualcuno, ma con l’unico obiettivo di esternare il mio punto di vista che può essere condivisibile o meno.
Ora, però, vorrei spendere due parole per questa Cheesecake alle fragole. Nei giorni scorsi (diciamo almeno 10 giorni fa), sono stata colta da una voglia improvvisa, e in casa, non avevo tutti gli ingredienti che uso di solito. Così, ho vuotato frigo e credenza e preparato questa torta con ciò che c’era. Al posto dei biscotti, ho utilizzato la granola e per la crema, ho messo insieme rimasugli di formaggi vari e la panna acida, che in casa mia, non manca mai. Il risultato è sotto ai vostri occhi e vi posso assicurare che era buonissima. Spazzolata alla velocità della luce.
Bene… penso sia tutto. Ci rivediamo presto e naturalmente, colgo l’occasione per augurare a voi tutti e ai vostri cari, una serena Pasqua.
A presto e teniamo duro!
M.



Un'altra Cheesecake alle fragole, preparata con quello c'è
Ingredienti
- Per la base
- 130 gr di granola al miele
- 30 gr di mandorle
- 50 gr di burro fuso
- 3 cucchiai di sciroppo d'acero (in mancanza, due cucchiai di miele)
- Per la crema di formaggio
- 200 gr di zucchero
- 230 gr di formaggio spalmabile light
- 180 gr di panna acida
- 100 gr di robiola
- 100 gr di ricotta di mucca
- 2 uova medie
- 1 cucchiaio di maizena
- 1 limone (succo e scorza grattugiata)
- 2 pizzichi di sale
- Per la copertura di fragole
- 400 gr di fragole (più altre per la decorazione)
- 130 gr di zucchero semolato
- 1/2 limone (il succo)
Istruzioni
- Accendete il forno in modalità statica, a 180°.
- Per la base, mettete la granola con le mandorle, il burro fuso e lo sciroppo d'acero nel frullatore e tritate tutto finemente.
- Rivestite il fondo della tortiera con carta forno e imburrate i bordi e trasferiteci dentro il composto di biscotti. Distribuitelo sul fondo in uno strato omogeneo, facendolo salire fino ai bordi e trasferite in frigo.
- Per la crema di formaggio, lavorate in una ciotola le uova con lo zucchero, aggiungete il formaggio, la ricotta, la panna acida, la robiola, la scorza e il succo di limone, la maizena, il sale e lavorate fino ad ottenere una crema liscia e priva di grumi.
- Riprendete dal frigo la tortiera, versateci dentro la crema e livellate la superficie con il dorso di un cucchiaio.
- Infornate per un'ora e venti minuti circa, avendo cura di ridurre la temperatura a 150° dopo i primi 5 minuti. La torta dovrà presentarsi opaca in superficie, con i bordi più sodi e la parte centrale leggermente tremula.
- Mentre completate la cottura della torta, lavate le fragole, privatele del picciolo, tagliatele a fette sottili e mettetele in una pentola con lo zucchero e il succo di limone. Mescolate e ponete su fiamma bassa. Quando lo zucchero si sarà completamente sciolto, alzate la fiamma e fate ridurre e caramellare l succo, senza farlo rapprendere completamente. Trasferite in un vasetto di vetro, coprite e fate raffreddare completamente.
- Una volta cotta la torta, tiratela fuori dal forno e fatela raffreddare completamente a temperatura ambiente e trasferitela in frigo per almeno 4 ore. Per ridurre i tempi, potete anche fare un passaggio di un'ora in freezer, prima di trasferirla in frigo.
- Sformate la torta, adagiatela su un piatto di portata, cospargete la superficie con parte della confettura di fragole, completate con le fragole fresche e servite.
Note
- Il dolce si conserva in frigo.
- La confettura avanzata, si conserva in frigo per diversi giorni.
- Come raccontavo nel post, per preparare la crema, ho utilizzato rimasugli di formaggi che avevo in casa. Volendo, potete utilizzare solo formaggio spalmabile o ricotta.





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